18 Set Tema: fai un diario delle tue vacanze
Caro nonno,
Quest’anno la mamma e papà ci hanno portato in Tanzania, stato che si trova nella costa orientale dell’Africa. È stata la vacanza più bella della mia vita, e credo che se ci siamo andati sia anche un po’ merito tuo, perché se tu non avessi portato la mamma in Sud Africa, da giovane, lei non avrebbe avuto così tanta voglia e ostinazione nel portarci.
Comunque, come ti dicevo, la vacanza è stata fantastica, credo che tanta bellezza, tanta varietà di colori, forme e paesaggi non l’avessi mai vista. Ma oltre al paesaggio stupefacente e gli animali più pazzeschi, siamo stati anche molto fortunati a decidere di andare con un agenzia che ci organizzava il viaggio e ci faceva stare in un gruppo, che oltretutto era anche simpatico, con tanto di autisti e cuoco privati.
Il paesaggio cambiava continuamente, dalla savana alla giungla, dalla città alla montagna.
Il primo giorno abbiamo dormito ad Arusha, una delle città più grandi della Tanzania (ma non c’erano neanche le strade asfaltate e la maggior parte delle case erano fatte in lamiera), poi siamo partiti alla volta del parco nazionale Tarangire.
Al Tarangire, il parco più piccolo di tutta la Tanzania ma con più baobab, abbiamo visto i primi animali del nostro viaggio (ovviamente dalle Jeep): scimmie, manguste, gazzelle, antilopi, zebre, facoceri, elefanti, giraffe e un leone. Oltre la fauna ha catturato molto la mia attenzione anche la flora, il parco era ricoperto di un’alta erba giallastra e puntellato da alberi di acacia o da giganti baobab, il tipico paesaggio della savana.
All’uscita del parco ci siamo diretti verso un villaggio Masai, popolazione sedentaria che vive in Tanzania e in Kenya, anche se si notava che fosse parecchio turistico è stato divertente, ci hanno fatto ballare con loro e ci hanno fatto visitare le loro capanne.
Sensazioni e parole chiave del primo giorno: povertà (per le case e le strade di Arusha), esaltazione (per gli animali visti) e immensa (grandezza dei baobab).
Il secondo giorno abbiamo sempre dormito ad Arusha, ma poi siamo ci siamo spostati verso il parco Manyara.
Il parco Manyara era molto diverso dal quello del giorno prima, invece del tipico paesaggio della savana questo assomigliava più a una giungla con molti alberi alti e verdi, dove vi abitavano parecchie scimmie.
In questa giungla c’era anche un lago popolato da pellicani (molto apprezzati dalla mamma), gru e ippopotami i quali stavano tutto il tempo in mezzo a dormire uno sopra l’altro.
Dopo il parco siamo andati in un campeggio a montare le tende, per poi ripartire verso il vicino lago Eyasi, che in questa stagione era in secca. Il lago Eyasi era un grosso lago salato dove gli animali non ci andavano per bere perché l’acqua era così salata, ci ha detto la guida, che gli animali si pietrificavano (non ho capito in che modo è nemmeno il perché).
Sensazioni e parole chiave del secondo giorno: polvere (perché stando in piedi sulla Jeep ti arrivava in faccia tantissima polvere), sonnolenza (a vedere quegli ippopotami dormienti ammassati uno sopra l’altro), vento (il lago Eyasi era molto ventoso, infatti durante la notte la nostra tenda che era molto alta si agitò parecchio).
Il giorno dopo ci diamo svegliati verso le 5.00 per andare a vedere la caccia degli Hadzabe (soprannominati dalla maggior parte del gruppo ‘’Wasabi’’), popolazione nomade che si trova, ormai, solo in Tanzania, vengono anche definiti gli ultimi primitivi, cacciano e coltivano e non hanno contatto con le altre popolazioni africane.
Dopo averli visto cacciare, aver mangiato uccelli cacciati e fatto qualche tiro con i loro archi ci siamo spostati per andare a vedere un’altra popolazione africana: i Fabbri. Questo popolo viene chiamato così per via del loro riciclare metallo dagli scarti delle città o paesi vicino e per la loro capacità di saperli fondere.
Nel pomeriggio invece siamo andati in un lodge in mezzo alle piantagioni di caffè, con tanto di piscina e wi-fi.
Sensazioni e parole chiave del terzo giorno: stupore (per le condizioni di vita degli Hadzabe), novità (nell’assaggiare un uccello ucciso con una freccia, alla faccia delle cose BIO), divertimento (per la caccia).
Il quarto giorno siamo andati nel parco nazionale dello Ngorongoro, vulcano ormai spento, sprofondato anni fa per due terzi nella terra con all’interno invece che magma e lava, selvaggina, distese d’erba, laghi e alberi. La vista che si poteva ammirare dal cratere era stupefacente, mi ha, letteralmente, lasciato senza parole, un miscuglio di colori tra il verde, il giallo, il marrone e l’azzurro che si estendevano per sedici chilometri quadrati. Anche l’interno dello Ngorongoro non era per niente male, abbiamo visto babbuini, gnu, zebre, gazzelle, bufali, giraffe, elefanti, iene, leoni e leonesse, ippopotami, facoceri, sciacalli, avvoltoi e uccelli di vario (e strano) genere.
Sensazioni e parole chiave del giorno: affascinato, estasiato e mozzafiato (vista dal cratere).
Il quinto giorno ci siamo diretti verso il più grande parco di tutta la Tanzania: il Serengeti.
Dopo aver piantato la tenda in un posto che non sembrava del tutto sicuro (in mezzo alla savana senza un minimo di copertura, dove continuavano a passarci babbuini enormi, facoceri e sciacalli), siamo partiti (sapendo della grande concentrazione di leoni nel parco) alla ricerca dei felini grossi, ghepardi e leoni che fino ad all’ora avevamo visto solo da lontano. Quel giorno il fato ci ha voluto accontentare, e abbiamo visto, a distanza molto ravvicinata, ghepardi sotto l’ombra di un albero, sette leonesse e un leone che cacciavano e per finire un ventina di cuccioli di leone che andavano incontro alle madri.
Sensazioni e parole chiave del quinto giorno: euforia (per la caccia dei leoni), pancia piena (per aver visto tutto quello che volevamo vedere), foto (alle leonesse che stavano a neanche mezzo metro avremmo scattato centinaia di foto).
Il giorno seguente, convinti che alla mattina ci fossero più leoni che cacciavano, ci siamo svegliati molto presto, ma avendo scarsi risultati (relativamente al giorno prima). Infatti, di eclatante, abbiamo visto solo due giovani leoni che cacciavano e un giaguaro che mangiava su un albero, rispetto al giorno prima, in sostanza, ben poco.
Il pomeriggio invece l’abbiamo trascorso in Jeep, per andare in un campeggio vicino a un villaggio Songio-Masai (i Songio sono una popolazione molto simile ai Masai ma, le nostre guide ci hanno detto, che sono più stupidi e più cattivi sia con le loro donne sia con turisti o gente che viene al di fuori del loro villaggio. Le nostre guide ci hanno anche detto che non bisogna scendere assolutamente dalla macchina quando si passa vicino ai Songio, perché, ad esempio, l’ultimo gruppo che è sceso è stato preso a sassate).
Nel campeggio abbiamo montato la tenda, abbiamo mangiato e poi siamo andati a dormire.
Sensazioni e parole chiave del sesto giorno: assonnato, sballottato (per il viaggio dal Serengeti al campeggio), colpito (dalle storie sui Songio).
L’ultimo giorno prima di partire per Zanzibar, siamo andati in un campeggio vicino a Wasso (cittadina tanzaniana), gestito da Masai. Quell’ultimo giorno siamo andati a vedere un cascata stupenda, risalendo un fiume con tre guide Masai e abbiamo anche visto un lago abitato da fenicotteri, giraffe (siamo anche scesi a vederle, per la prima volta nel viaggio, perché nei parchi non si poteva scendere), zebre, gnu e gazzelle.
Sensazioni e parole chiave del settimo giorno: idromassaggio (perché la corrente della cascate era molto rilassante), libertà (nel vedere le giraffe da terra e non da una Jeep), dispiaciuto (ultimo giorno di Safari).
Il giorno dopo siamo partiti per Zanzibar, mi sono divertito moltissimo anche lì, tra bagni, spiagge e risate, ma questo te lo racconterò un’altra volta.
Da tuo nipote, Michele.